Frutta tropicale: dall’Italia con amore
Frutta tropicale in Italia: è possibile? Certo che sì, ed è anche etica, sostenibile, e ovviamente buonissima! Anche se per molti suona ancora come una novità, è già da qualche anno che da Messico e Sud America sono arrivate in Italia le prime coltivazioni di mango, litchi, frutto della passione, macadamia, e soprattutto avocado, che in Sicilia, Puglia e Calabria trovano un terreno più che mai fertile e un clima mite e favorevole. Anche alcune zone del Nord Italia promettono bene: a Bergamo si coltivano l’asimina, il kiwi arguta, il mirtillo siberiano, le noci Pecan. Tutti rigorosamente bio.
Secondo un sondaggio Coldiretti – Istituto Ixè, il mercato del tropicale italiano ha le potenzialità per crescere ancora: il 61% degli italiani preferisce acquistare frutti esotici nostrani piuttosto che quelli stranieri, con il 71% disposto a pagare di più per avere la garanzia dell’origine nazionale. Una scelta motivata dal maggiore grado freschezza, ma anche dal fatto che l’Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale, con il minor numero di prodotti con residui chimici irregolari.
Ad oggi sono oltre 500 gli ettari piantati con frutti tropicali, aumentati di 60 volte nel giro di appena cinque anni! Protagonisti di questa riconversione dei terreni sono giovani agricoltori che, attenti alla sostenibilità ambientale e al consumo consapevole, hanno scelto queste coltivazioni spesso recuperando terreni abbandonati a causa dei cambiamenti climatici.
Ma perché si parla di sostenibilità ambientale? Perché nei paesi esotici, purtroppo, terreni e risorse idriche sono eccessivamente sfruttati per le coltivazioni intensive di prodotti destinati all’esportazione, causando danni a tutto l’ecosistema.
Il Sudamerica si trova in una situazione di emergenza agricola a causa della siccità: quest’anno ha piovuto il 70% in meno rispetto alle medie stagionali e le autorità si sono viste costrette a razionalizzare l’acqua agli abitanti. In Cile il sindaco di Petorca, Gustavo Valdenegro, ha chiesto che siano vietate le piantagioni di avocado e agrumi nel suo comune, per risparmiare le già scarse risorse idriche, poiché gli avocado ricevono una quota maggiore di acqua delle persone.
La situazione in Italia invece è fortunatamente molto diversa, in particolare alle pendici dell’Etna. Il vulcano, grazie alla sua energia, è un catalizzatore naturale di nuvole: le attira e fa in modo che sui terreni circostanti piova molto spesso, creando un esclusivo ambiente sub tropicale umido. La posizione strategica consente di risparmiare molta acqua per le coltivazioni, e di attingere alle falde acquifere solo in casi straordinari.
Anche gli agricoltori del Salento, alle prese con la crisi dell’olivicoltura causata da Xylella Fastidiosa, stanno volgendo lo sguardo a questo nuovo business, e sono in molti a pensare di sostituire gli ulivi con alberi da frutto: avocado, fichi, melograni. Le antiche tradizioni della regione pugliese non possono e non devono certo essere rimpiazzate così facilmente, ma questa potrebbe essere una valida alternativa per aiutare gli agricoltori a superare un momento difficile, in attesa che il Salento possa tornare ai passati livelli di produttività di olio.
E per finire, l’avocado italiano rientra nel progetto Altromercato, iniziativa volta a valorizzare i prodotti agroalimentari italiani realizzati da realtà produttive di qualità, ecologicamente e socialmente responsabili.
Il progetto Solidale Italiano è stato avviato nel 2011 con alcuni dei prodotti tipici simbolo dell’Italia: pomodori, pasta, olio d’oliva, e promuove valori di sostenibilità, equità e legalità, biodiversità e tipicità del territorio, rispetto dell’ambiente e dei diritti delle persone. I prodotti del Solidale Italiano Altromercato provengono infatti da aree del paese in via di spopolamento e da percorsi di riaffermazione della legalità, di inclusione sociale e di contrasto allo sfruttamento e al caporalato.
L’Avocado Bio Solidale Italiano (varietà Hass), in particolare, è prodotto a Marsala da Agricoop, secondo metodi di agricoltura biologica, impiegando lavoratori svantaggiati come immigrati ed ex detenuti, e operando su terreni sottratti alla criminalità organizzata, con l’obiettivo di dare dignità professionale, morale ed economica all’agricoltura locale.
La filiera controllata e trasparente insieme al rispetto per l’ambiente e per le persone, permettono di essere presenti sul mercato e di fidelizzare una clientela sempre più informata, consapevole e attenta alla qualità.
Ecosostenibile, biologica, solidale: la prossima volta che acquisterete frutta tropicale prestate attenzione alla provenienza, e scegliete senza esitare quella italiana!
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