Erbe spontanee: è primavera, svegliatevi bambine!
È primavera, svegliatevi bambine: messere Aprile fa il rubacuor, quanti ricordi diventeranno i prati in fior! Cantava così Alberto Rabagliati in Mattinata fiorentina, nell’Italia degli anni Quaranta.
E le “bambine” di cui parlo sono agretti, rosoline, tarassaco e tante altre: erbette spontanee che al primo sole primaverile sbucano nei prati. Dapprima timidamente, poi con l’arrivo della pioggia crescono rigogliose, e diventano protagoniste dei piatti della cucina italiana. I nomi con cui sono conosciute cambiano di regione in regione, ma le ricette si somigliano: sanno di casa e di semplicità, sanno di tradizione e di condivisione che inizia ben prima di arrivare in tavola, perché la loro raccolta è il migliore pretesto per una passeggiata in compagnia. Quasi tutte possono essere anche acquistate nei negozi di frutta e verdura, oppure coltivate in vaso per avere un piccolo orto direttamente sul balcone.
Cominciamo dagli agretti, conosciuti anche come Barba di frate per il loro aspetto lungo e sottile, che ricorda un po’ l’erba cipollina. Il sapore è amarognolo e leggermente acidulo ma molto gradevole, perfetti da consumare come contorno. Cotti al vapore o lessati e conditi solo con olio, sale e limone; ottimi anche crudi all’interno di una ricca insalata, oppure saltatati in padella con olive e capperi ad accompagnare un hummus speziato e pane azzimo. Ricchi di vitamine, sali minerali, calcio e ferro, gli agretti sono considerati un alimento in grado di depurare l’organismo, e stimolano le funzioni intestinali grazie al loro contenuto di fibre.
Passiamo alla Silene vulgaris o Erba di Sileno. È una delle erbe spontanee più prelibate, dal sapore delicato: della Silene si utilizzano in particolar modo i germogli e le foglie, in Veneto chiamati sciopetìn, sclopit in Friuli. In altre zone d’Italia li potete sentir chiamare anche carletti, verzulì, strigoli o bubbolini: il modo migliore per gustarli è sicuramente nel risotto.
Del Tarassaco non si butta via niente! Detto anche Dente di leone, facile da riconoscere grazie ai fiori color giallo brillante, che a fine primavera si trasformano in pappi o soffioni. Le radici fresche possono essere consumate crude in insalata, le foglie giovani sono ottime saltate in padella e nelle frittate di uova o di ceci. I boccioli possono essere conservati sott’olio o sotto aceto, i fiori freschi si consumano crudi oppure fritti in pastella. Erba nota per le sue proprietà diuretiche e depurative, tanto che i francesi lo chiamano “pisse-en-lit” (letteralmente piscialetto) e in alcune zone d’Italia è il “pisciacane”. Ricchissimo di vitamina A e C, oltre che potassio, calcio, ferro e fosforo.
Le rosoline sono invece le prime foglie che crescono attorno alla radice dei papaveri selvatici, quelli che in estate colorano i campi di rosso. Vengono raccolte quando la pianta di papavero è ancora lontana dalla fioritura, e le foglie sono giovani e tenere. Estremamente dolci al palato, possono essere consumate crude o cotte, spesso utilizzate come ripieno per tortelli e ravioli.
Merita di essere nominata anche la Portulaca, erba infestante molto ricca di acidi grassi Omega3. Ciò la rende utile per ridurre i livelli di colesterolo “cattivo”, oltre ad essere un antinfiammatorio e antiossidante naturale. Composta da foglie e steli succosi, il suo sapore ricorda quello della rucola, e viene usata prevalentemente a crudo. In Calabria è tradizione preparare un’insalata di Portulaca e sedano condita con olio e aceto, e può essere conservata anche in salamoia.
In generale, tutte le erbe spontanee deperiscono facilmente, quindi è importante verificare la freschezza al momento dell’acquisto e consumarle in tempi brevi. È sempre richiesta una pulizia accurata per eliminare eventuali residui di terra, e se ci sono parti legnose vicino alle radici, queste vanno eliminate. Possono essere congelate dopo una breve cottura: è sufficiente sbollentare o saltare in padella per pochi minuti senza aggiunta di acqua, e poi strizzare bene prima di riporre in un contenitore suddivise in porzioni.
Se andate personalmente alla ricerca di erbe nei prati, raccogliete solo piante che siete sicuri di conoscere. In caso di dubbio è meglio fare una fotografia e approfondire con ricerche successive. In particolare consiglio di prestare attenzione alle piante della famiglia delle Ombrellifere, che comprende carote, prezzemolo, sedano, finocchio, ma anche la Cicuta che è mortale. I fiori del Colchico autunnale invece ricordano molto quelli del Crocus, da cui si ottiene lo zafferano, ma contengono una sostanza tossica in grado di uccidere un essere umano in poche ore.
E infine una piccola raccomandazione: usate moderazione. Anche se vi trovate di fronte a una pianta molto diffusa, raccoglietene solo alcuni esemplari, e se possibile non estirpate la pianta dalle radici. In questo modo potrà ricrescere e ne rimarrà una parte anche per gli animali e per i raccoglitori che arriveranno dopo di voi. La Natura è di tutti, siate generosi!
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