Figli vegan. Perché?
Il mio primo formaggio fatto in casa: accolto con espressioni scettiche, assaggiato, incredibilmente apprezzato e divorato! Più che un formaggio, dovrei dire uno S-formaggio, poiché fatto con ingredienti 100% vegetali: ed ecco spiegati anche gli sguardi scettici!
A condividere il piccolo successo personale, c’erano i miei clienti preferiti: il mio compagno e sua figlia. Lui abituato a mangiare in maniera diversa, ha imparato a fidarsi della mia cucina: segno che se una cosa è buona, è buona e basta. Con lei condivido gusti e valori: sappiamo cosa ci piace, e perché ci piace. E questo essere dalla stessa parte, ogni tanto mi lascia ancora stupita.
Beatrice ha quasi 16 anni, e già da tempo è vegetariana. Per un certo periodo ha cercato di avvicinarsi all’alimentazione vegana, escludendo quindi tutti i derivati animali, uova e latticini compresi. Il cambiamento non si è rivelato facile come sperava: abitudini, amici, pranzi fuori casa, la buona cucina della nonna… Troppe tentazioni!
Poi si sono presentati alcuni disturbi, e la causa di tutto sembrava essere proprio il latte. Un po’ alla volta, malgrado le prime difficoltà, tutti nella sua nella sua famiglia si sono attrezzati a cucinare vegan. Ed io ho provato una sincera stima per queste persone che dapprima hanno accettato le scelte etiche di una giovane ragazza con le idee chiare, e poi hanno modificato le proprie abitudini alimentari rivolgendosi a cibi nuovi, mai assaggiati, senza ricorrere invece alle facili quanto tristi scorciatoie dei prodotti a base di latte vaccino privati del lattosio.
Una volta fatti gli esami medici necessari a verificare la presenza di allergie o intolleranze, è emerso che latte e derivati erano innocenti. Beatrice avrebbe potuto riprendere a mangiare quello che più le piaceva. Le ho chiesto se era contenta di tornare alle sue vecchie abitudini, e lei ha risposto senza esitare. «No, ormai credo di “restare così”. Tanto so che diventare vegan è giusto, infatti ci avevo già provato. Mi era sembrato difficile, ma adesso ci sono così tante alternative!»
È stato un attimo, e ho capito: da questa ragazza ho tanto da imparare. Io che ho sempre pensato di non essere un granché come cuoca, ma da quando cucino vegan ho scoperto che mi viene più facile, e sorprendentemente più buono! Io che compro solo cruelty-free, ma poi quando sono fuori casa mangio da vegetariana: per golosità, imbarazzo, forse pigrizia.
Eppure ho sempre pensato che se avessi avuto dei figli, li avrei educati ad una cultura vegan. E parlo di “cultura” perché è una scelta di vita che va ben oltre la semplice alimentazione: anche lana, piume, pelle e tutti gli altri prodotti animali sono causa di sofferenze inutili. Un’educazione fondata sulla valorizzazione della diversità e sul rispetto dei più deboli, è l’unica che valga la pena diffondere, e insegnare prima di tutto con il buon esempio.
Figli non ne ho avuti, perché la vita non va mai come ce la immaginiamo. Ma in casa è arrivata lei, già grande e forse più saggia di me. Ricordo che durante la nostra prima cena insieme, le ho chiesto come mai non mangiasse carne. Forse per moda, o perché schizzinosa? «No, perché io proprio NON VOGLIO mangiare animali, non è giusto!»
Sento raccontare di molti figli adolescenti che, spinti da una motivazione puramente etica, scelgono di diventare vegetariani o vegani. E per alcuni genitori, questo equivale ad una mezza tragedia. Non capiscono perché mai il proprio figlio si sia “intestardito” a rifiutare il cibo tradizionale di famiglia, e quindi non lo accettano. Alcuni sperano che si tratti di una moda passeggera, un capriccio dell’età. Altri si accaniscono a voler in ogni modo ostacolare le loro scelte, imponendo un rapporto con il cibo che i figli non sentono come giusto.
Si perdono in questo modo il più grande insegnamento che un figlio ha da dare: la fermezza delle proprie convinzioni, e la coerenza nel metterle in atto.
Questo forse è ciò che rende l’adolescenza il periodo più difficile, almeno così si dice, ma di certo emotivamente anche il più ricco. È il momento di capire e scegliere i valori in cui credere. Mettere in discussione ciò che è già stato insegnato, e seguire i propri ideali per dimostrare al mondo che quella è l’unica strada in cui valga la pena perdersi. Senza alcun compromesso.
La rivoluzione vegan è di tutti, ma sono i giovani che dovranno fare, molto più di noi, i conti con il futuro del pianeta. Il ruolo destinato a noi adulti è quello di sostenere le loro scelte, anche quando sembrano poco comprensibili e non combaciano con le nostre. Nostro dovere è supportare i loro ideali più grandi, seguendoli nel percorso intrapreso, e sostenendoli dove necessario. In una sola parola: ci viene richiesto di dar loro fiducia.
Certo la cucina vegan richiede tempo, passione, fantasia. Capacità di mettersi in gioco. «Con tutto quel sminuzzare di verdure…» scriveva Tiziano Terzani! Ma ne vale la pena. E non lo dico io, ce lo stanno dicendo loro: i nostri figli che hanno imparato ad usare la propria testa, a dispetto delle consuetudini, delle abitudini, dei ricatti morali, del “si è sempre fatto così”.
Siamo quel che mangiamo. E quindi cosa vogliono essere, cosa desiderano diventare i ragazzi che scelgono di rinunciare ai derivati animali, e quindi anche ai cibi con cui sono cresciuti e a cui probabilmente sono più legati? Chiediamo loro perché credono in questa rivoluzione: le risposte potrebbero sorprenderci.
«Non insegnate ai vostri figli ad adattarsi alla società, ad arrangiarsi con quel che c’è, a fare compromessi con quel che si trovano davanti; dategli dei valori interiori con i quali possano cambiare la società e resistere al diabolico progetto della globalizzazione di tutti i cervelli. Il mondo di oggi ha bisogno di ribelli, ribelli spirituali.» (Tiziano Terzani)
Leave a Reply