Iodio, un elemento davvero essenziale
Le giornate si allungano, le temperature si alzano, e subito viene voglia di trascorrere una giornata al mare. In un momento di nostalgia ricordo che negli anni Ottanta, gli anni della mia infanzia, le nonne raccomandavano di portare i bambini al mare per far loro “respirare lo iodio”. Quindi mi sono chiesta: sarà vero che respirare l’aria di mare fa bene?
Lo iodio è un oligoelemento effettivamente presente nell’acqua marina, nel suolo e anche nell’aria. Il nome deriva dal latino iodes, che significa violetto, come il vapore che sprigiona. Tramite il ciclo naturale dell’acqua, lo iodio presente nell’acqua dei mari evapora in atmosfera, poi con la pioggia ritorna sulla superficie terrestre, e da qui viene nuovamente trasportato nei mari dall’acqua superficiale. Lo iodio presente nel mare si accumula nelle alghe, nei pesci e nei crostacei, mentre quello presente nei terreni viene assorbito dalle piante.
Tornando alla nostra domanda: sicuramente respirare l’aria di mare intrisa di iodio fa bene, ci rilassa ed è piacevole. Ma la quantità di iodio che assorbiamo tramite respirazione è trascurabile: per garantire il giusto apporto di questo elemento, è necessario assumerlo con gli alimenti.
La dose giornaliera di iodio raccomandata per un adulto è pari a 150 microgrammi (valore di riferimento europeo). Il fabbisogno varia a seconda dell’età, e nelle donne in gravidanza aumenta a 250 microgrammi al giorno.
Nel corpo umano lo iodio è concentrato soprattutto nella tiroide, ghiandola posta alla base del collo che produce due ormoni indispensabili per tutti i processi metabolici, che svolgono un ruolo molto importante nelle prime fasi della crescita e nello sviluppo di diversi organi, in particolare del cervello. Lo iodio quindi è un elemento essenziale per il funzionamento del nostro organismo. Inoltre, secondo ricerche recenti, sembra anche avere un’attività antiossidante rilevante, proteggendo l’organismo dai danni legati all’ipercolesterolemia, ipertensione e aterosclerosi.
Tanto un eccesso di assunzione, quanto una carenza protratta, possono portare a manifestazioni cliniche più o meno importanti, a seconda della gravità dello squilibrio e della fase della vita in cui questo si verifica. La conseguenza più conosciuta della carenza di iodio è il gozzo, cioè l’ingrandimento della tiroide, ma le conseguenze più gravi sono rappresentate dai danni a carico del sistema nervoso centrale e periferico, per il cui sviluppo gli ormoni tiroidei sono essenziali: una disfunzione tiroidea durante la gravidanza e la prima infanzia può causare cretinismo e ritardi della crescita, mentre in età adulta può provocare stanchezza cronica e letargia. Per fare in modo che la tiroide funzioni in modo adeguato e produca gli ormoni necessari, è necessario assumere la giusta quantità di iodio.
Come assumere lo iodio? La fonte principale per l’organismo umano è rappresentata dagli alimenti, in cui il contenuto di iodio è estremamente variabile. È noto che lo iodio è contenuto in pesce, crostacei e molluschi, e in modo marginale anche nei derivati animali (uova, carne, latte) e nei vegetali (frutta, verdura, legumi e cereali), ma nonostante ciò, l’assunzione tramite gli alimenti risulta insufficiente a coprire il fabbisogno dell’organismo. In particolare, l’Italia fino al 2005 era considerata un Paese a carenza iodica e, per tale motivo, il Ministero della Salute e l’Organizzazione Mondiale della Sanità consigliano di prevenire le carenze utilizzando sale iodato al posto del comune sale da cucina.
Ogni grammo di sale arricchito di iodio fornisce circa 30 microgrammi di iodio, che si aggiungono a quello ottenuto dagli alimenti: «la quantità di iodio aggiunto al sale per uso alimentare consente un apporto adeguato anche in presenza di un consumo di sale contenuto nei limiti suggeriti dai cardiologi e dai nutrizionisti. L’importante è quindi usare poco sale ma iodato».
Uno stratagemma per aumentare l’apporto di iodio dagli alimenti si può trovare nelle alghe, molto diffuse nella cucina orientale ma conosciute anche nella dieta mediterranea, soprattutto la lattuga di mare. Il loro sapore ricorda molto quello del pesce, per questo sono utilizzate per condire pasta e insalate.
Il contenuto di iodio nelle alghe è estremamente disomogeneo, e varia in base alla tipologia, provenienza e preparazione: è consigliabile, quindi, verificare sempre la dose di assunzione riportata in etichetta, riferita al singolo lotto di produzione. L’alga con il maggior contenuto di iodio è la tipologia Kombu, originaria dal Giappone ma coltivata anche in Bretagna: ne bastano in media 0,2 grammi al giorno per coprire il fabbisogno giornaliero.
La ricetta italiana più famosa è sicuramente quella delle zeppoline napoletane: si tratta di frittelle di pasta lievitata simile a quella del pane (pasta cresciuta, come la chiamano a Napoli!), arricchite dalla presenza di alghe tritate, e infine fritte in abbondante olio. Un piatto antichissimo, nato per essere gustato per strada, passeggiando tra le vie di Napoli, ma che rimane sempre attuale. Buono in ogni momento della giornata, meglio se condiviso con gli amici come prevede la tipica accoglienza partenopea!
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